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Gli scacchi attraverso i secoli

Le origini degli scacchi sono avvolte nel mistero. Esistono varie teorie, ma l’ipotesi più accreditata pone il luogo d’origine in India.

Le origini

Alcune leggende in antico persiano, risalenti circa al VI-VII secolo d.C., descrivono un antico gioco da tavolo che si sviluppò in Persia, il Chatrang, avente pezzi chiaramente indicati che senza dubbio lo individuano come un antenato del gioco degli scacchi. Questi stessi scritti definiscono il Chatrang derivato da un gioco ancor più antico giunto dall’India ai tempi del regno di Cosroe I (531-579 d.C.), il Chaturanga, che in sanscrito (lingua ufficiale dell’India) significa “quattro parti”, riferendosi alla disposizione strategica delle forze armate indiane dell’epoca, formate da fanteria, cavalleria, elefanti e carri da guerra, che si sono evoluti nel tempo negli attuali pedoni, cavalli, alfieri e torri.

Numerose sono le leggende fiorite sulle origini del gioco degli scacchi. Una delle più famose è quella dell’inventore Sissa, che portò il gioco al suo Re e glielo insegnò. Il Monarca, affascinato dalla novità, chiese a Sissa come volesse essere ripagato. Sissa rispose che voleva solo del grano: un chicco sulla prima casella, due sulla seconda, quattro sulla terza e così via, raddoppiando i chicchi fino alla sessanquattresima casella. Il Monarca si stupì per una richiesta a suo avviso modesta e ordinò ai suoi funzionari di esaudirla, ma questi si resero conto che la quantità di grano richiesta da Sissa era esorbitante e corrispondeva alla produzione mondiale di grano di ben 3.000 anni. Fu così che il Sovrano percepì di avere innanzi non solo l’inventore del gioco degli scacchi, ma anche un suddito geniale che avrebbe fatto comodo avere al suo servizio.

“Shãt Mãt!”, il termine che in persiano vuol dire “il Re non ha scampo/il Re è morto” è la locuzione rimasta fino ai nostri giorni a indicare la vittoria della partita con lo scacco matto.

Il gioco fu adottato dal mondo islamico quando nel 642 gli Arabi conquistarono la Persia e, scoperto il Chatrang, ne fecero uno degli svaghi prediletti, che denominarono Shatranj. Gli Arabi ebbero una notevole letteratura e abilissimi giocatori, la fama del più celebre dei quali, As-Suli (detto As-Shatranj), durò per alcuni secoli dopo la sua morte. “Tu giochi come As-Suli” era il maggior riconoscimento che potevasi fare a un giocatore di scacchi. Con l’espansione dell’Islam e l’influenza culturale araba, il gioco si diffuse rapidamente nei territori conquistati e, con il superamento dello stretto di Gibilterra, avvenuto nell’anno 711, gli scacchi giunsero nella penisola iberica e nell’intera Europa.

Il basso Medioevo

Le prime testimonianze del gioco degli scacchi in Occidente risalgono all’incirca all’anno 1000 d.C. e sono di provenienza iberica. Ciò non deve stupire, dato che proprio qui fu più forte l’influenza degli Arabi. Negli anni successivi il gioco si diffuse straordinariamente anche fra i ceti più elevati, tanto che la destrezza in questo gioco era una delle abilità che distinguevano il vero cavaliere. Furono creati i primi trattati scacchistici, che ebbero in occidente come argomento la problemistica, ovvero la risoluzione di partiti con posizioni precostituite di pezzi sulla scacchiera. Una delle più antiche raccolte di partiti è contenuta nel codice denominato Libro de los juegos, opera commissionata da Alfonso X il Saggio, re di Castiglia, León e Galizia, e realizzata tra il 1262 e 1283 in Siviglia.

Famoso divenne anche il trattato Liber de moribus hominum et officiis nobilium super ludo scachorum (De Ludo) di frate Jacopo da Cessole dell’ordine dei Domenicani, morto verso il 1325. In esso gli scacchi sono usati come fonte di ammaestramenti morali. Fu grazie a quest’opera che il gioco degli scacchi uscì dal limbo in cui era precipitato dopo la proibizione di giocare con esso promulgata da Papa Alessandro II verso la fine dell’XI secolo. La causa dell’editto del Papa fu probabilmente una lettera scrittagli nel 1061 da Pier Damiani, cardinale di Ostia. Nella lettera, l’alto prelato deplorava la passione per gli scacchi e ricordava la punizione che egli aveva inflitto a un vescovo fiorentino, il quale aveva trascorso gran parte della notte a giocare a scacchi. Giova ricordare che gli scacchi medievali erano spesso giocati con l’aiuto dei dadi, che rendevano il gioco più veloce e imprevedibile, ma allo stesso tempo introducevano un elemento di fortuna che non era ben visto dalle autorità ecclesiastiche, che consideravano il gioco d’azzardo come una pratica immorale.

Anche Dante cita gli scacchi nel suo poema, quando cerca con una similitudine di dimostrare nel XXVIII canto del Paradiso, versi 91-93, che il numero degli angeli è infinito come il raddoppio dei chicchi di grano nelle caselle successive, con riferimento alla nota leggenda del premio chiesto al Sovrano dallo scopritore del gioco.

Dal XIV secolo il gioco degli scacchi, che in Occidente era sostanzialmente simile a quello praticato nel mondo arabo, subì significative modifiche che lo resero più dinamico e veloce e che ne favorirono l’evoluzione e l’aumento della popolarità, specialmente come forma di scommessa. Una delle principali innovazioni fu l’introduzione di nuove regole riguardanti il movimento dei pezzi che divennero molto più agili rispetto al loro precedente comportamento, come il potere della regina nova, risultante dalla promozione, di muovere in qualsiasi direzione e il pedone di muovere alla prima mossa di due caselle.

Dal rinascimento agli scacchi moderni

Il periodo del Rinascimento è caratterizzato da un fiorire delle arti, delle scienze e della cultura in generale. Anche il gioco degli scacchi conobbe un’importante diffusione e un elevato livello d’interesse grazie anche al mecenatismo di nobili e potenti, che, desiderosi di mostrare il proprio status sociale e culturale, iniziarono a sponsorizzare i migliori giocatori. Tra questi spiccano Ruy Lopez de Segura, uno dei primi grandi maestri spagnoli, noto per il suo trattato “Libro del Ajedrez” che ha introdotto molte idee strategiche e tattiche e Leonardo da Cutro, vincitore a Madrid di un match contro Ruy Lopez organizzato da Re Filippo II, a dimostrazione del crescente livello di competitività tra i giocatori dell’epoca. Altri importanti teorici di quei tempi sono lo spagnolo Lucena, il portoghese Damiano e l’italiano Polerio.

Durante il Seicento un italiano, Gioacchino Greco, ha ulteriormente perfezionato la teoria degli scacchi e ha lasciato un’impronta duratura attraverso le sue opere, che combinavano la teoria del gioco con la pratica.

Nel Settecento gli scacchi conobbero una frattura tra l’Italia e il resto d’Europa. Continuando a giocare con le regole locali (ad es. l’arrocco in due tratti), non uniformandosi quindi a quelle internazionali, i giocatori italiani restarono progressivamente esclusi dal panorama scacchistico europeo. Dominatore del secolo è il musicista francese Philidor, che a Parigi restò imbattuto per molti anni, e che diede un contributo fondamentale alla teoria del gioco.

Il torneo di Londra del 1883, vinto dal giocatore polacco Zukertort davanti a Steinitz, Blackburne, Cigorin e altri dieci maestri, è considerato un evento fondamentale nella storia degli scacchi, non solo per la qualità dei partecipanti, ma anche per l’introduzione degli orologi di gara, che rappresentarono un significativo passo avanti nella gestione del tempo di gioco, creando una nuova regola che rende possibile la sconfitta per superamento del tempo assegnato.

Il 1997 è un anno epocale non solo per il mondo degli scacchi ma anche per l’avanzamento dell’intelligenza artificiale. La sfida su sei partite tra Garry Kasparov e il computer Deep Blue termina con il punteggio finale di 3,5 a 2,5 a favore di Deep Blue. Questo incontrò rappresentò il primo caso in cui un campione del mondo di scacchi fu sconfitto da un computer in un match ufficiale. Attualmente, i computer sono generalmente considerati più bravi a giocare a scacchi rispetto agli esseri umani. I programmi di scacchi moderni utilizzano algoritmi avanzati e tecniche d’intelligenza artificiale per analizzare milioni di posizioni di gioco in pochi secondi, superando le capacità umane. Chiedere oggi chi è più forte a scacchi tra l’uomo e il computer è come chiedere chi è più veloce tra un uomo e un’automobile.